La Cisterna Romana
Nei mesi di maggio e giugno del 2002 furono effettuati saggi di scavo archeologico nel terreno adiacente via Alessandro della Seta, richiesti dalla Soprintendenza Archeologica di Roma in quanto nell’area doveva essere edificata la nuova chiesa. L’area in esame è di per sé importante dal punto di vista archeologico in quanto non solo giace ai piedi dei colli Albani, risentendo quindi di tutte le influenze abitative che si sviluppavano sui colli, ma anche perché ricade in quel tratto di dorsale dell’Appennino centrale, interessato da tratturi e vie di transito soprattutto legate alla transumanza.
L’area, denominata genericamente Gregna S. Andrea, proprio per queste sue caratteristiche presenta in epoca romana insediamenti a carattere latifondistico, basato sullo sfruttamento agrario, avendo la zona anche una notevole ricchezza di corsi d’acqua e di fossi. Resti di ville si sono individuati sia sotto il casale Gregna (una cisterna per la precisione) che in uno poco distante, un’altra è stata individuata su via Lucrezia Romana (poco distante dal GRA).
L’analisi archeologica di questa zona ebbe un suo primo studio con l’Ashby, archeologo inglese, che ai primi del ‘900 descrisse tutta la campagna romana. L’area in esame stando alla carta redatta dallo studioso inglese presenta un presumibile percorso di acquedotto. Tale percorso è stato attualmente verificato e riscontrato con gli attuali saggi archeologici che pur confermando esatta la deduzione dell’Ashby ha giustamente posizionato il percorso (si tratta dell’Anio Vetus, costruito fra il 272 e il 269 e che traeva l’acqua dall’alta valle dell’Aniene) rinvenendo i pozzi di accesso allo speco (grotta) sotterraneo sia lungo lo stradello sterrato di via Casale Gregna che al di là del raccordo anulare. Mancava in pratica il tassello centrale che l’Ashby ipotizzava ma che invece gli scavi attuali di via della Seta hanno confermato con la scoperta di due pozzi di ispezione e di una cisterna.
I saggi di scavo hanno quindi dato una nuova luce ad aspetti ancora poco chiari dell’archeologia della campagna romana, non solo dal punto di vista dello studio degli acquedotti e del loro percorso. Il rinvenimento sporadico di materiale di VIII sec. a.C., proveniente con tutta probabilità da una sepoltura, amplia il panorama di frequentazione dell’area accomunandolo agli insediamenti dei colli Albani.
L’aquedotto “Anio Vetus”
Il parco tra i due acquedotti si snoda per 60 km seguendo il tracciato della Via Latina e fa da sfondo allo straordinario crocevia della rete idrica romana che garantiva un’abbondanza d’acqua senza uguali in ogni epoca. Provenivano dalla valle dell’Aniene e dai colli albani raggiungendo Porta Maggiore. L’Anio Vetus è l’acquedotto più antico in gran parte sotterraneo di 64 km. L’acquedotto, quindi, partiva dal fiume Aniene all’altezza di Vicovaro e, giunto fin nei pressi di Tivoli, raggiungeva la zona dell’attuale comune di Gallicano, per poi seguire la via Prenestina fino a Gabii e da lì la via Latina nella zona dell’attuale Casal Morena, dove, con una piscina limaria, una parte delle acque veniva smistata nelle ville rurali del circondario.
Il condotto superava poi la via Tuscolana, la via Labicana ed attraversava la via Prenestina con l’unico tratto scoperto, pari a circa 330 m, fino “ad spem veterem”; da qui il percorso urbano, sempre sotterraneo, girava intorno all’Esquilino e, superando le aree dell’attuale Stazione Termini e di piazza Fanti, giungeva alla porta Esquilina, dove il “castello” terminale provvedeva alla distribuzione dell’acqua alle varie utenze pubbliche.